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Bibliografia

Hanno scritto di lui:

“Alessandro Colombari è nato e cresciuto a Maro di Castelnovo ne’ Monti da una copia di veri bismantovini. La cornice è quella naturale della Pietra, la culla  è questo antico borgo medioevale a pochi chilometri da capoluogo montano. Ambienti antichi e rurali dove ancora, facendo un giro in bicicletta intorno al masso dantesco si possono davvero gustare  i caldi sapori e la bellezza della vita contadina che, come in ogni altro paese della montagna, senza troppo rumore vanno perdendosi.”

Roberto Mercati – Tuttomontagna – novembre 1996


Pittore autodidatta, innamorato della sua terra, sta ottenendo grandi apprezzamenti con una personale , allestita al Centro Culturale castelnovese, dal titolo “I borghi dell’Appennino reggiano”. La mostra da la possibilità di ammirare una quarantina di opere ad olio dalle tonalità più disparate.”

Athos Nobili – Il Resto del Carlino – agosto 1996


“Nell’interno dell’artista c’è proprio l’idea di poter creare un effetto antico, storico, per riprendere la storia vissuta dai nostri avi ed il sacco, in questa operazione, è di per sé un materiale molto adatto, povero e fortemente evocativo. Osservare un’aia, un cortile da lui dipinto è come tuffarsi nel passato della cultura contadina che anche a detta di Alessandro andrebbe salvata e conservata in tutti i suoi aspetti: non solo materiali ma anche culturali , con i suoi dialetti e terminologie.”

Roberto Mercati – Tuttomontagna – novembre 1996


“Poco sopra Maro, dove Alessandro e la sua compagna abitano, la lunga parete Sud Est della Pietra di Bismantova si presenta maestosa ed ammagliante. Ti incanta, e propone alla persona dall’animo permeabile, percorsi interiori  non banali. Mi piace immaginare, come in una scena biblica, che i virus della passione artistica e, più tardi, di quella alpinistica, abbiano contagiato Alessandro scendendo giù da quelle fessure e da quelle pietraie,  fondendosi.  Alessandro ne ha tratto beneficio; anche se dovrà rassegnarsi a spartire un po’ di merito con Michaela, la sua compagna di vita e di cordata.Hanno cominciato ad arrampicare da poco meno di un decennio (lui è anche istruttore CAI) e prediligono l’alpinismo dei grandi spazi: quello del desiderio di conoscenza e di conquista, quello dove l’impegno fisico e psicologico devono essere messi a disposizione quanto basta. Sono due tipi da “Lotta con l’Alpe”, pur divertendosi senza rischiare troppo la pelle su difficoltà abbordabili; e sono due romantici.L’espressione pittorica di Alessandro si è alla fine dovuta piegare alla prepotenza di questa nuova arrivata: la montagna, che s’impone e, a volte, tragicamente dispone. Così va a finire che l’ascesa e il tormento artistico, non lo mollano e lo spingono alla tela ed ai colori. Credetemi, non è un atto d’amore, non sono solo ricordi, questi sono per le persone comuni; è l’espressione esteriore di una “diversità” interiore. Del resto, l’artista e l’alpinista hanno un’inconscia predisposizione alla “diversità” che, passando attraverso una certa dose di presunzione, tende a condurli, volenti o nolenti, in una cerchia d’élite; non importa quanto grande, utile o riconosciuta. Sei condannato, Alessandro.”

Gino Montipò – aprile 2011


Era ancora un ragazzino, quan­do si perdeva ad osservare la cugina Maria Pia che dipingeva quadri a olio. Fu lei a regalar­gli una cassetta con i tubetti dei colori che, però, finì presto dimenticata nel solaio. Intanto, Alessandro Colombari cresce­va e studiava.

Nato nel 1966 a Castelno­vo Monti, lì, nella frazione di Maro, ai piedi della Pietra di Bismantova, ha sempre vissuto e abita tuttora lì con la moglie Michaela.


Disegnare e dipingere erano le attività in cui riusciva meglio durante la scuola media; era davvero bravo, perciò una volta diplomato scelse di frequentare a Castelnovo l’Istituto tecnico per geometri. Scuola che, se­condo lui, dava più spazio e valore al disegno. Terminato il percorso di studi, grazie al suo profilo tecnico Alessan­dro trovò lavoro in una impor­tante casa di moda reggiana (Fashion Group, la si definisce con termine inglese).


Ma la cassetta dei colori lo aspettava in solaio. Erano gli anni Novanta, e Alessandro li rinvenne, quei tubetti di colori a olio della cugina, così comin­ciò a usarli.

Nell’aprile del 1995 la sua prima mostra personale fu ospitata dalla galleria della si­gnora Crovetto, di fianco alla Cartolibreria Casoli, a Castel­novo. Negli anni seguenti altre mostre, personali e collettive, accolsero le sue opere nel ca­poluogo della montagna.

Di lui scrisse allora l’artista Ro­berto Mercati: “La cornice è quella naturale della Pietra, la culla è questo antico borgo me­dievale a pochi chilometri dal capoluogo montano. Ambienti antichi e rurali dove ancora, facendo un giro in bicicletta intorno al masso dantesco si possono davvero gustare i cal­di sapori e la bellezza della vita contadina che, come in ogni altro paese della montagna, senza troppo rumore vanno perdendosi”.

Dopo aver iniziato dipingen­do su ordinarie tele comprate nei negozi qualificati, Alessan­dro ha in seguito intrapreso la prepa­razione dei suppor­ti: tavole di legno e tele. L’imprimitura, la preparazione che precede la pittura, può essere fatta non solo su tela, ma an­che su cartoni telati, su tavole di legno e, per assurdo, anche su carta o su un sac­co. Il nostro artista ha dunque imparato a usare diversi ma­teriali: sabbia, colla, gesso e, ultima­mente, ha utilizzato come supporto addi­rittura i teli del casei­ficio, quelli nei quali viene raccolta la ca­gliata che diventerà la forma del Parmi­giano Reggiano.

A proposito dei materiali usati, dice ancora Mercati: “Nell’interno dell’ar­tista c’è proprio l’i­dea di poter creare un effetto antico, storico, per ripren­dere la storia vissu­ta dai nostri avi e il sacco, in questa operazione, è di per sé un materiale mol­to adatto, povero e fortemente evocativo. Osservare un’aia, un cortile da lui dipinto è come tuffarsi nel passato della cultu­ra contadina che anche a detta di Alessandro andrebbe salva­ta e conservata in tutti i suoi aspetti: non solo materiali ma anche culturali, con i suoi dia­letti e terminologie”.

Il soggetto principale dei qua­dri di Alessandro è la Pietra, soprattutto vista dal versante “bismantovino”, quello verso Maro, quello che ha avuto negli occhi e nel cuore fin dalla na­scita. “Ogni volta che guardo la Pietra mi dico che è sempre più bella – ci confida – e ogni volta che torno a casa è una emo­zione sempre diversa. Ombre, luci, anfiteatri… è una meravi­glia. Lo sostengo convintamen­te: se in Trentino avessero la Pietra, chissà cosa farebbero!”.

E’ guardando a lei, alla rupe di Bismantova, che Alessandro Colombari, in collaborazione con la moglie Michaela Kada­nikova, ha avuto l’idea di co­struire un sito dedicato all’Ars Bismantova (www.arsbisman­tova.eu) in cui raccogliere le sue opere e tutto ciò che po­trebbe servire per promuovere il territorio grazie all’arte legata alla Pietra.

Proprio il 29 giugno scorso è stata riattivata la fontana pub­blica situata vicino a piazzale Dante e, in concomitanza con la riapertura, una scultura li­gnea opera di Alessandro, raffigurante un rocciatore in arrampicata, è stata posta lì ac­canto. Perché il nostro artista sa anche scolpire. E sa arram­picare.

“Ho incontrato la scultura in le­gno in Trentino, dove ho com­prato casa. Lassù la scultura è ovunque! Ci sono diversi corsi, così ho deciso di frequentarne alcuni. Poi, ho continuato come autodidatta. Per scolpire, da quelle parti usano il pino cembro, ma vanno bene anche il tiglio e il cedro”. Oltre ai quadri, diverse sta­tue e bassorilievi accrescono, ora, la sua personale, casa­linga galleria, in cui mancano le nume­rose opere vendute.

Tuttavia, la sua im­presa più grande e impegnativa è stata la realizzazione del­la statua il legno di un soldato della Pri­ma guerra mondia­le. La scultura è ora presente al museo di Pejo, inaugurato nel 2003, che con­serva oggetti, docu­menti e fotografie legati alle vicende del conflitto nelle valli di Sole e Pejo. Il soldato riprodotto si chiama “Om de fer” perché si rifà all’antica usanza del “Kriegsnage­lung” (chiodatura per la guerra, che consisteva nell’ac­quisto di un chiodo da piantare in una scultura o in un bas­sorilievo di legno, lasciando un’offerta per le vittime, orfani, vedove).

Pittore, scultore e rocciatore, dunque: caratteristiche che ne fanno davvero un figlio per ec­cellenza delle terre di Bisman­tova. Diceva Marc Chagall: “Aprivo solamente le finestre della mia camera ed entrava­no l’aria color blu, l’amore e i fiori.”

Anche ad Alessandro, proba­bilmente, basta aprire le fine­stre per essere trascinato nella bellezza e in tutto ciò che ama. La luce della Pietra, la roccia. Le piante, gli animali.

Soprattutto i rapaci notturni, le civette, che scolpisce e dipinge. Già presente nei miti greci, la civetta accompagnava la dea Athena ed è il simbolo della fi­losofia e della saggezza. I suoi occhi e il becco seguono la li­nea della lettera φ (fi), simbolo alfabetico greco della filosofia e in seguito della sezione aurea, la proporzione divina (quella usata da pittori e scultori, quel­la che i fotografi, con quanta consapevolezza non si sa, inse­gnano come “regola dei terzi”).

Pittura, scultura e arrampicata: Alessandro è anche un istrut­tore nazionale di alpinismo. Ad arrampicare aveva cominciato con il Cai di Reggio Emilia nel 2000, su roccia e neve; un iter durato quindici anni, composto da diversi livelli, fino all’ultimo che contempla l’arrampica­ta su roccia, neve e ghiaccio. Michaela, sposata proprio in quell’anno, ha poi iniziato, dopo due anni, ad arrampicare con lui. E’ per questo che, più avanti, hanno deciso di com­prare la casa in Trentino: per­ché erano spesso in trasferta là come rocciatori.

Nel 2017, sul versante Ovest della Pietra venne aperta una nuova via: “La ferrata dell’ulti­mo sole”, che si conclude iner­picandosi verticalmente fino a raggiungere la spianata. Lungo il percorso, venne­ro posizionate al­cune sculture in le­gno di Alessandro Colombari, raffigu­ranti elfi e gnomi, ricavate prevalen­temente dai ceppi presenti in loco.

Dopo più di una quindicina di mo­stre, il desiderio di Colombari sareb­be quello di veder realizzato un labo­ratorio artigianale aperto a tutti gli ar­tisti locali proprio alle pendici della Pietra, magari nei locali che furono dei Benedettini e che ora ha in ge­stione il Parco Na­zionale.

Un laboratorio dove chi arriva – visitatori per motivi religiosi o semplici turisti – possa vedere gli artisti all’opera. E’ un so­gno, ne è cosciente, ma chissà che non possa avverarsi, prima o poi.

Chissà che l’Ars Bismantova non possa diventare qualcosa di ancora più concreto di un logo su un sito. Intanto, il 22 e il 23 agosto scorsi, rispettando le norme anti covid, Ars Bi­smantova è stata protagonista di una esposizione “en plein air” (foto in alto) presso il Ri­fugio della Pietra e la Foreste­ria di San Benedetto, con esito positivo sotto ogni punto di vi­sta. L’inizio di un sogno.

Normanna Albertini – Tuttomontagna – ottobre 2020